Scritto per il Corriere della Sera di Bologna del 18 ottobre, uscito di getto, sugli scontri del 15 ottobre a Roma.
Credo nelle parole e nell’ascolto, che non significa sentire. Credo nel loro significato. Credo nella forza del pensiero.  Credo nelle macchine a rate, nel mutuo da pagare, nell’ultima ruota del carro, nel suo diritto di guardare avanti. Credo nella disperazione e nella speranza e credo che sia difficile sperare, se non sei mai stato disperato. Credo nella democrazia e nella sua imperfezione. Nelle regole che rincorreranno per sempre ogni loro eccezione, per diventare regole nuove, con nuove eccezioni. Credo che il migliore dei mondi possibile non esista e per questo credo nelle idee che cambiano l’imperfezione del mondo. Credo nella sacralità delle immagini sacre, anche per chi non sente nulla di sacro, anche per me. Credo che avesse ragione Pasolini e che abbia perso chi, tronfio, crede di avere vinto. Credo nella costruzione prima delle rovine. Credo che la rabbia non spunti con la pioggia, che siate analfabeti sociali e incivili e che è colpa vostra, ma anche di molti altri e non passerà domani. Credo che non sia politico bruciare una macchina. Credo che se imbracci un bastone devi mostrare la tua faccia. Se bruci un blindato devi mostrare la tua faccia. Se non pensi a chi sta dentro quel blindato, devi mostrare la faccia, vigliacco. Credo che tu sia come quello che dice che va tutto bene, che siamo vivi perché respiriamo ancora, che siamo bravi perché altri sono più cattivi, sinceri perché ci sono bugiardi peggiori. Credo nell’indignazione e nella lotta. E la vostra non lo è. Credo che indignarsi sia uno dei pochi modi rimasti per essere vivi. Io so di essere vivo. E so che voi, invece, anche doveste scoprirlo fra molto tempo, siete già morti tutti.