1q84 murakami patrick fogliScrivo pochi minuti dopo aver appoggiato il libro. E scrivo di impressioni di pelle e pensieri, non di critica.
Critici e scrittori, nella mia visione manichea del mondo, giocano in due squadre diverse, che sarebbe bene tenere separate.
Quindi, qualche considerazione al volo.
E’ difficile in una maniera assoluta, infilare un mondo in una storia. E a maggior ragione un mondo che ha delle regole diverse dalla nostra quotidianità, ma che dalla nostra quotidianità deriva. Giocare con la realtà in quel modo, rendendola riconoscibile e stravolgendola allo stesso tempo, mi ha ricordato molto spesso Dick. E sono molto curioso di scoprire cosa accadrà dopo, se ci sarà qualcosa in più che avvicinerà il romanzo di Murakami a quello di Orwell, oltre alla citazione nel titolo e qualche rimando nel testo.
Per il momento è una storia enorme eppure minuscola, rinchiusa tutta nella vita di due persone. Due mondi anche quelli, distanti (nel tempo? nello spazio? nelle dimensioni?) eppure prossimi. Forse addirittura un mondo solo. Due vite, prese in un momento preciso, a rappresentare tutto il resto.
Quando leggo, segno delle frasi. Non sottolineo (!), mi basta lasciare un pezzo di carta. Alla fine, poi, riscrivo a mano su un file. Una mania, forse, vecchia di secoli.
Nel file, di alcuni romanzi, ho decine di brani. Pagine intere, a volte. Di 1Q84 ho trascritto solo tre frasi brevissime. Quando ho provato a chiedermi perché, la risposta è stata facile.
Non ci sono pagine che ti tolgono il fiato, ti commuovono, ti lasciano incantato di fronte alla parola. Quello, è l’effetto che fa la storia.
Per esempio, le domande che ti fai – tante, almeno per me – fanno parte di quello stupore e sarebbe stato necessario trascrivere degli stati d’animo.
E’ la scrittura, oltre che la storia. E la storia, senza quella scrittura, non potrebbe mai funzionare allo stesso modo. Ci rimani in mezzo, credi a quello che ti racconta, per quanto folle, incredibile o razionale all’eccesso possa sembrare. Dovrebbe essere il compito di chi scrive romanzi. Rendere credibile la tana del bianconiglio.
Ma il condizionale è obbligatorio.
Chiudo con due note personali.
La prima è quasi inutile, lo ammetto.
Mi sono chiesto cosa avrebbe fatto un editore italiano se lo stesso manoscritto lo avesse portato un nostro autore.
Mi sono immaginato, sorridendo e esagerando, le riunioni per capire il posizionamento.
E’ un romanzo di fantascienza? Un thriller? Un fantasy (qualcuno lo avrebbe pensato, credo)? Le due storie non sono di due generi diversi? E se sì, come si fa a farlo capire al lettore? E ancora. La storia si capisce? E’ chiara? Non si può semplificare un po’? Non si può aiutare chi legge? Non ci sono troppi personaggi? Non è impossibile seguire il parallelo fra Tengo e Aomame? E i Little People, chi sono? Perché usare l’inglese, su? Non si può dire in italiano? E poi, vi pare che tutto quanto torni?
La seconda è più utilitaristica, da lettore curioso.
Perché non pubblicare insieme tutti e due i volumi? Capisco la necessità e l’utilità (nessuno è fesso) di dividere il tomo. Ma perché non farli uscire insieme?
Nell’attesa, continuerò a pensarci per un pezzo. E se qualcuno vuol condividere i suoi, di pensieri, qui c’è spazio a volontà.