Le carceri dell’Emilia Romagna sono fra le più affollate d’Italia. Una vicenda che ogni tanto guadagna l’attenzione, per tornare velocemente sotto silenzio. L’articolo 27 della Costituzione dice che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Il carcere di Bologna è nato per ospitare circa cinquecento detenuti. Dentro ce ne sono più di mille e in altre parti d’Italia va anche peggio. Il rischio è di entrare colpevole e uscire delinquente o con qualche problema a tenere la testa in ordine. Per cercare di allentare un po’ il problema il quasi ex ministro della Giustizia Alfano ha emanato lo scorso anno un decreto, diventato legge a metà novembre, che prevede la possibilità di scontare l’ultimo anno di pena ai domiciliari. Un provvedimento provvisorio, che scadrà nel 2013, in attesa di una riforma del sistema penitenziario. L’idea non è male e oggi, nel carcere della Dozza, ci sarebbero un paio di centinaia di detenuti pronti a utilizzarlo. Peccato che siano extracomunitari, senza domicilio e alla ricerca di un’associazione che si occupi di garantirne la scarcerazione. Non era difficile da prevedere, la metà della popolazione carceraria è nella stessa situazione. Trovare soluzioni ai problemi del mondo reale dovrebbe implicare come conseguenza la conoscenza del mondo stesso. A meno che non si voglia utilizzare la stessa agenzia immobiliare che sembra funzionare così bene nel mondo romano della politica e dintorni. Qualcuno che ti affitti o compri una casa a tua insaputa si trova sempre. Nel nostro caso la zona di pregio è pure superflua.
Corriere della Sera di Bologna, 12 luglio 2011