È l’epoca dei complotti. Ora va di moda quello pluto giudaico massonico, un’altra conseguenza della nostra mancanza di memoria. I più anziani ne avranno già sentito parlare, visto che è vecchio di settant’anni. La politica decide di saltare un giro e giustifica la sua assenza forzata con la riscossa dei poteri forti. Nell’epoca di CSI e dei misteri, un gioco che attecchisce facile. Eppure, almeno nella nostra città, quello che sta accadendo a Roma dovrebbe ricordare qualcosa e far riflettere sul dopo. A Bologna, la fine del mandato del commissario è sfociato in un coro unanime di rimpianti. La politica che aveva deluso era finita in un angolo e la prima differenza era stata in positivo. Il bilancio era talmente in attivo che qualcuno non ha resistito alla tentazione. Candidare il commissario a fare il sindaco. Sappiamo quale è stata la decisione finale, la più onesta per tutti. La similitudine, però, non si ferma lì. A Roma come a Bologna l’arrivo dei tecnici è una conseguenza della politica, un esito scontato che non può scatenare recriminazioni né dietrologie, divertenti o fastidiose. E se il sollievo per la fine del cicaleccio, la soddisfazione per il rigore, la sobrietà, la calma, sono il primo effetto tangibile del governo tecnico, occorre farsi domande su quello che accadrà dopo. La tentazione di poter fare senza politica. Quello sì un rischio da evitare. Il primo che i nostri rappresentanti dovrebbero tener presente. Visto che ne sono la causa.
Uscito sul Corriere della Sera di Bologna, il 29 novembre