È meraviglioso avere tali luminari che si occupano della manovra.
Scrive Repubblica che Calderoli e Giorgetti hanno studiato la tassa sull’evasione. La trovata linguistica equivarebbe a dire che si pagherà il prezzo di acquisto sul furto, ma la realtà supera ogni più viva immaginazione.
L’idea geniale prevede che si verifichino il patrimonio e le tasse pagate e se l’ammontare versato non è in linea con il patrimonio dichiarato, si pagherà un ulteriore 5%.
Logica vorrebbe, se il patrimonio e il reddito non quagliano, che scattasse un accertamento. Ma non sembra così.
In sostanza, volendo essere pignoli, si accerta l’esistenza di un’evasione più o meno grande e si decide di chiedere un obolo che assomiglia tanto a un condono.
Più che una tassa sull’evasione, sembra un accertamento fittizio, il sistema perfetto per sdoganare l’evasione fiscale, affermando una volta per tutte che chi paga le tasse è un fesso e chi pretende che le paghino gli altri un illuso.
E, come dettaglio finale, è così difficile pensare che se il mio patrimonio è frutto di evasione, sarò così coglione da dichiararlo?
Finisco con una chicca. Dopo la scoperta di 800 dipendenti in nero nel gruppo Mastrotto, racconta Erminia della Frattina sul fatto quotidiano di oggi di aver chiesto ad Arzignano uno scontrino a un bar e di aver ricevuto come risposta che la legge è cambiata e lo scontrino non bisogna più farlo.