“Io e te abbiamo in tasca la stessa tessera di partito, ma quando lavoro ho freddo lo stesso.” Maurizio Landini ha cominciato così il suo intervento, il punto più alto dell’evento di villa Angeletti. Quella frase l’ha pronunciata molti anni fa, a un dirigente della cooperativa di Reggio Emilia dove lavorava. “Ogni esperienza si spegne, tutto si trasforma, con poche eccezioni.” È scritto in Ternitti di Mario Desiati, fresco di cinquina allo Strega. Il racconto degli emigranti salentini, tornati a casa dopo aver lavorato alla Eternit, in Svizzera e che oggi, a distanza di quarant’anni, stanno morendo uno alla volta. A Torino, è iniziata la requisitoria finale nel processo Eternit. L’accusa per l’azienda è di disastro doloso e omissione volontaria di cautele. Il collegamento con il romanzo è venuto da solo, ascoltando Landini, le parole di chi della difesa del lavoro ha fatto mestiere, passione, vita. Quella frase del romanzo parla dell’amore, ma una di quelle eccezioni è proprio il modo in cui ci si guadagna da vivere. Da tempo sembriamo aver dimenticato che quando parliamo di lavoro, parliamo di essere umani. Nelle parole appassionate e commoventi di Landini, invece, c’era tutto quello che bisognerebbe ricordare, la sintesi per cui i diritti, le garanzie, le tutele, la nobiltà, la difesa e l’orgoglio del lavoro meritano rispetto e non hanno (o non dovrebbero avere) colore politico. Perché mettono al centro la persona, uomini oltre le chiacchiere, le ideologie, le speculazioni. Gente che, come insegna la storia degli esposti all’amianto, di quel lavoro, di quelle tutele mancate, continua a morire e ammalarsi tutti i giorni.
Corriere della Sera di Bologna, 21 giugno 2011