Un giorno, qualche tempo fa e senza nessuna causa apparente, mi è tornata la voglia di scrivere un thriller. Ho imparato che con le storie non devo essere troppo diffidente, specie con quelle che resistono nella mia testa per così tanto tempo.
È la storia di un uomo e di una donna.
Immaginate un uomo senza identità. Potrebbe essere il vostro vicino di casa, il tizio che incrociate alla cassa del supermercato, il consulente gentile che viene nella vostra azienda, il fattorino che vi consegna un pacco, l’uomo che cerca di sedurvi in un locale. Potrebbe essere biondo, bruno, calvo, italiano, francese, colto, grezzo, timido o deciso. Potreste averlo ignorato o desiderato, potrebbe avervi fatto ridere o piangere. Potrebbe essere simpatico o scortese. Potreste averlo incontrato in più di un’occasione e non saperlo.
L’uomo più pericoloso del mondo muove pedine e vite come pezzi su una scacchiera.
L’uomo più pericoloso del mondo vuole cambiare la storia con la paura, i destini degli ultimi con la morte dei primi.
L’uomo più pericoloso del mondo è tutti gli uomini e nessuno.
L’uomo più pericoloso del mondo non ha un volto, non ha una voce, non ha un nome.
Ma che uomo è l’uomo che per vivere si nasconde dietro a mille identità diverse?
Chi è davvero? Come è nato? Da dove arriva? Che cosa vuole, che cosa gli fa paura, che cosa desidera? Che cosa potrebbe saldare, alla fine, tutte le sue identità?
Nella mitologia etrusca, greca e romana le anime dei morti venivano traghettate nell’oltretomba da un barcaiolo. Lo raffigurano in modi diversi, ma per tutti c’è una caratteristica comune. Se non vuole vagare per sempre nel nulla, l’anima deve pagare il tragitto a Caronte. Due monete sugli occhi o una moneta in bocca.
L’uomo più pericoloso del mondo lascia monete antiche nei luoghi in cui uccide.
Lo chiamano Caronte e quando lo incontriamo per la prima volta ha l’occasione che aspetta da tutta la vita. Chiudere il conto con un’esistenza intera.
Immaginate una donna spezzata, una donna solitaria – non sola –, ruvida per autodifesa, così innamorata delle storie da crearci una vita intera, così frammentata da usare due nomi, due vite, due esistenze parallele.
Immaginatela nel momento più critico, quello che tutti temiamo, l’attimo improvviso e incalcolabile in cui l’edificio della nostra quotidianità scricchiola, si piega, collassa. In cui gli affetti ci lasciano, in cui ci guardiamo intorno e non abbiamo più un solo punto di riferimento, in cui ogni gesto compiuto in passato finisce per avere un significato diverso, opposto, perfino malvagio.
Laura è la punta di un iceberg che affiora da un mare gelato e quando la incontriamo per la prima volta deve capire come affrontare la tempesta senza rimanerne travolta. E affrontare la tempesta significa come prima cosa guardare in faccia se stessa, i suoi desideri, le sue azioni, il suo passato.
C’è un solo modo per catturare Caronte, Laura.
Forse si conoscono.
Forse sono l’unico essere umano che conoscono davvero.
Forse vorrebbero entrambi che l’altro morisse.
Forse, per restare vivi, hanno bisogno che altri muoiano.
Di sicuro sono costretti ad affrontare un inesorabile conto alla rovescia.
Quello che, muovendosi sempre più rapido, li sta portando a rivelare a tutti, per primi a loro stessi, chi sono davvero.