Ci sono situazioni che adoro. Se è vero che troppo spesso la politica è l’arte della menzogna esercitata in modi originali, a volte accade che la creatività ecceda i limiti della logica. Così, la realtà si trasforma in un gioco simile a un racconto di fantascienza. Un gioco stucchevole, divertente o fastidioso, in funzione delle circostanze. Con la manovra Monti accade almeno due volte. La stangata che tenta di rimettere in piedi l’elefante malato, reintroduce l’imposta sulla prima casa, la vecchia ICI. Questa volta si chiama IMU, imposta municipale unica e sembra che non piaccia a nessuno. Neppure a chi l’ha inventata. Uno dei destini del governo tecnico, infatti, è di prendersi anche le colpe che non ha. Il ritorno del balzello sulla casa era già previsto dal federalismo fiscale, ma ora la Lega è fra quelle che lo digerisce meno. E spazzare via la più locale delle imposte è stato uno dei primi atti del ritorno al governo degli uomini di Bossi. Alla faccia dell’autonomia dei comuni. Per chiudere in gloria la fiera della dimenticanza, il segretario del PDL ha rilasciato una dichiarazione quasi ironica, proprio ieri. Parlando del decreto in arrivo ha spiegato che bisognava decidere fra digerire la pillola amara oggi o fallire domani. Tecnicamente è quasi una confessione. Se chi ha negato che le casse fossero vuote, per tutta la durata della sua gestione, all’improvviso scopre una voragine mortale, bisogna dubitare della capacità o della buona fede?