Uscito ieri sul Corriere della Sera di Bologna
Modena. Bologna. Milano. Reggio Emilia. Provate a fare un gioco, quasi un sondaggio. Chiedete a una decina di persone tre nomi di città da associare alla parola mafia. A meno di coincidenze astrali fortuite, non sentirete nominare nessuna di quelle.  La mafia, al nord, non esiste. E a rifletterci un po’, già questa frase dovrebbe far pensare, perché non è altro che una precisazione locale di un’espressione molto più famosa, la mafia non esiste. Noi non siamo mafiosi, non siamo infiltrati, possiamo stare tranquilli. Nel Paese delle Favole che siamo diventati, la divisione fra buoni e cattivi è netta. Un mafioso, vive a pane e cicoria, in un casolare abbandonato. Al più possiamo immaginare un Tano Cariddi, che manovra soldi nel suo bel doppiopetto, ma sempre al riparo in un antico palazzo nobiliare dalle parti di Palermo. La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto, diceva un famoso film, è stato convincere il mondo che non esiste. Infatti la realtà dice una cosa diversa. È di questa settimana l’operazione Marte, che ha coinvolto tutta la regione. Una cosca calabrese dietro a un traffico non male di stupefacenti. E non era la prima volta. Dice Antonio Nicaso che l’Emilia è il salvadanaio delle cosche calabresi. Il ragionamento è lo stesso che fa Borsellino nella sua ultima intervista. Eppure continuiamo a non crederci. Ci riempiamo la bocca con la parola eroe e ignoriamo con attenzione l’esempio che il passato dovrebbe insegnarci. Siamo un Paese di piccole illegalità diffuse, di pagamenti in nero, di singoli e all’apparenza innocui comportamenti mafiosi, gente che smarrisce volentieri il proprio senso civico, che urla con facilita all’ingiustizia subita senza preoccuparsi della propria prepotenza o illegalità, in un corto circuito di rabbia, indignazione e auto assoluzione perpetua, alla ricerca continua di una giustificazione a tutti i nostri comportamenti. La prima omertà la portiamo a spasso con la nostra vita, tutti i giorni. Il silenzio di chi non vuole farsi domande, di chi pretende di essere rassicurato e ha rinunciato a pensare. Forse, un primo passo, potrebbe essere cancellare una banalità con un’altra. La mafia al nord esiste. È qui e noi siamo le prede. E non si combatte solo arrestando la sua mano militare, ma chi ricicla i soldi, chi decide di investirli e trasformarsi in socio. È pericoloso depenalizzare i reati finanziari, perché sono quelli che nascondono riciclaggio e capitali illeciti. Ed è folle abdicare alle nostre responsabilità di cittadini. Il Paese delle Favole è la prima realtà di cartapesta che bisogna rifiutare, ciascuno nel suo piccolo. Per quanto vogliamo crederci assolti, siamo, ogni giorno e senza attenuanti, i primi a essere coinvolti.