Tutto comincia con un tweet.
Quello in cui Riccardo Chiaberge annuncia le sue dimissioni dalla direzione di Saturno, l’inserto culturale de “il fatto quotidiano”, in edicola il venerdì.
Il problema, pare, non ha a che fare con Chiaberge, ma con la natura stessa di Saturno.
L’uscita del venerdì non aumenta le vendite o non le aumenta quanto ci si aspettava. Pare che sia stato chiesto a Chiaberge di abbandonare l’approfondimento per passare alla divulgazione, diminuendo allo stesso tempo le pagine della metà. Pare anche che il progetto che ha presentato non sia stato approvato.
Da qui, le dimissioni.
Parlare di cultura in quel modo, dicono, non funzionava.
Il tono dei contenuti era troppo alto, si è detto.
E mi era parsa una spiegazione assurda, per un giornale che dice di puntare sulla diversità. Ancora più assurda se si pensa che Chiaberge si è occupato per anni della terza del Corriere della Sera e ha diretto fino a poco tempo fa il Domenicale del Sole24Ore.
Per intenderci, sarebbe come (in positivo) invitare Celentano a Sanremo e stupirsi della sua esibizione.
Eppure, è andata così.
L’amministratore delegato della società editoriale del Fatto, Giorgio Poidomani, lo conferma: “la stragrande maggioranza dei nostri lettori ci ha detto che di Saturno non gliene fregava nulla”.
Sarò drastico, ma un quotidiano che chiude (o ridimensiona) un inserto culturale in questo modo dovrebbe farsi delle domande.
Sul proprio modo di intendere l’informazione e la cultura.
Sul proprio modo di intendere la funzione di un giornale.
Sul pubblico che ogni giorno lo segue e sulle motivazioni che lo spingono a versare l’euro e rotti giornaliero.
E sulla motivazione in sé, francamente troppo simile all’esternazione di Tremonti sulla cultura che non produce reddito.
Perché se le ragioni sono quelle, allora potrebbero chiedere ai lettori cosa ne pensano di un giornale senza pagine sportive in senso stretto.
E scoprire, purtroppo, che qualche pagella del lunedì tira molto più di un pezzo di giudiziaria fatto bene.
Di certo, almeno per i loro lettori, la mancanza di Saturno non si farà sentire.
E che sia una sconfitta, grave, non lo penserà nessuno.
Non arrendersi all’inutile, al facile, al banale, alla divulgazione in vece dell’approfondimento, mi sembra la prima strada per uscire dalla melma in cui sguazziamo.
Capisco, però, che si tratti di un’opinione fuori moda. Vecchia. Difficile.
Per fortuna.
