Alcune cose al volo, dopo la nomina di Laura Boldrini e Pietro Grasso.
Ho parlato spesso, in questi giorni, degli eletti del M5S. Ho scritto spesso, in questi giorni, che la questione sono tutti uguali, fanno tutti schifo, mi lascia irritato, non freddo. E che la realtà, conosciuta da dentro, è parecchio diversa da come sembra, come si è accorto (sempre) chiunque abbia abbandonato la tazzina di caffè del bar e si sia confrontato con l’amministrazione e la politica.
Bene, oggi la realtà è entrata dalla finestra.
Mostrando, come prima cosa, che dentro quell’aula tutte le azioni hanno una conseguenza e che la coerenza, quella dei duri e puri, va bene se vuoi fare un movimento extraparlamentare, ma non sotto gli affreschi di Camera e Senato. E la riunione con urla e distanze con cui i M5S ha deciso di non decidere, alla prima questione politica che gli si è posta davanti, è l’esempio più lampante.
Politica non è decidere quanto tagliare gli stipendi dei parlamentari o se il caffè della buvette è caro o no. Politica è decidere fra due scelte e magari non amarle in pieno nessuna delle due, ma capire le conseguenze di entrambe, le possibilità di cambiamento, di miglioramento.
Complimenti a chi, fra gli eletti del M5S, ha colto la differenza fra Schifani e Grasso, molto più ampia di quella che, nel ’94, portò al ballottaggio il piccolo e vincitore Scognamiglio contro il gigante Spadolini. Non credo valga la pena di dire nulla su chi ha pensato che fossero uguali, nel merito, come presidente del Senato e come seconda carica dello Stato. Credo sia evidente che una parte degli eletti ha avuto sulla sua pelle un assaggio di politica vera e che ha dimostrato di dissentire, di avere opinioni proprie, oltre la linea di purezza. Vedremo presto che cosa significa.
Il 5 aprile del 2011 la Camera votò che Ruby era la nipote di Mubarak. Due anni dopo ha eletto Laura Boldrini.
E’ evidente che qualcosa è cambiato, è evidente che qualcosa è cambiato anche al Senato ed è evidente che qualcosa è cambiato quando il primo partito d’Italia, insultato fuori e dentro i propri confini politici, decide di non candidare Franceschini e Finocchiaro e di fare quelle due scelte. Scelte che una parte del partito sosteneva da tempo, che Bersani (che oggi vince) ha fatto sue e che non sono nate come un coniglio dal cilindro, anche se il Risiko (allucinante) di D’Alema ha sempre buona stampa.
Scelte che dimostrano, come sostengo da giorni, il potere rivoluzionario di questo Parlamento, in grado di rendere ininfluente il chiacchiericcio volgare e pericoloso di SB, scelte che non sono possibili con le sole spalle di PD e SEL, i voti non bastano.
Se qualcuno, nelle file più alte delle aule parlamentari, aspettava un segnale di discontinuità col passato, oggi lo ha ricevuto.
Spero che continui a riceverlo, che si faccia domande, che decida secondo politica e non secondo retorica e, allo stesso tempo, dia una risposta più forte del vento sottile che ha soffiato oggi.