Come faccio a parlare di Luigi?
Come faccio a scriverne?
Come faccio a buttare giù queste righe senza pensare che se le leggesse si incazzerebbe come una bestia, lui allergico a qualsiasi retorica, ai falsi moralismi, alle condoglianze bislacche e spesso fasulle da social network.
Lui che collezionava collezioni potrebbe metterne insieme una con tutte le parole che in queste ore si spenderanno per cuore o per dovere o per sentirsi in pace con se stessi.
Come faccio a parlare di un amico che muore? Un amico, non un editore o uno scrittore, non il talent scout, non il maestro – come molti lo chiamavano forse ignorando l’occhiata che ricevevano in cambio.
Come faccio a dire qualcosa, se è così difficile pensare che sia morto davvero, che non ci sia un modo – nemmeno uno, basta così – per scambiare un messaggio, una mail, una presa per il culo al prossimo Milan Juve, leggere la provocazione quotidiana e un po’ criptica su un social, ridere per non piangere di una nuova trovata o di un nuovo miracolo editoriale, scambiare due parole su un libro riuscito o un film o un’idea.
Chiedersi semplicemente come va, cosa fai, cosa succede adesso.
Ecco, cosa succede, adesso?
E’ banale dire che se non ci fosse stato Luigi non farei lo scrittore, mettiamoci in fila, noi tutti che non faremmo lo scrittore senza Bernardi e vediamo quanto diventa lunga, ‘sta cazzo di fila. Mettiamoci in fila e mettiamo in fila tutte le pagine che sono nate e ci sono piaciute e sono diventate qualcosa anche a distanza di secoli, perché lui ci ha trovato qualcosa che valeva la pena.
Se qualcuno ne ha voglia, metta per terra tutti i libri che ha scritto e ha pubblicato, la narrativa, la saggistica, i fumetti, una tavola alla volta, una bozza alla volta, il colore e il grigio, se qualcuno ha del tempo da perdere provi a guardare quanto spazio occupa, tutta quella roba, e non misurerà comunque la vita che occupava, i pensieri, le idee. Tutte, anche quelle che non sapremo mai.
Per me resta la soggezione del primo incontro, lo sguardo di un pomeriggio di gennaio su un pianerottolo, il calcio, le serie televisive e il sogno e il progetto di scriverne una, un gatto nero come la notte, le frasi brevi che non avevano bisogno di essere lunghe, le crescentine e gli spaghetti e le orecchiette e i dolci di cene periodiche di nebbia, chiacchiere, silenzi e sigarette. Resta quello che si può raccontare e quello che non racconterò mai.
Quello che era e che non so scrivere, non riesco a prendere da nessuna parte, non ha un inizio, non ha una fine, esiste e basta.
Per voi è morto Luigi Bernardi. A me è morto un amico.
Perdonate la confusione. Non sempre le parole sanno fare il loro mestiere.
Ciao Gaijin.