Il ventennale di via d’Amelio arriva nei giorni in cui esplode di nuovo la storia della trattativa.
Solo un giorno dopo la notizia della convocazione di Silvio e Marina Berlusconi e dell’indagine per estorsione a carico di dell’Utri.
Soldi – tanti, prestiti infruttiferi dice B – in cambio del silenzio.
Trattativa anche questa, dicono. Ma un’altra trattativa, sempre nello stesso periodo.
In realtà si dovrebbe parlare di trattative, al plurale. Perché se le indagini dicono il vero, allora ce ne sono state almeno diverse, una sopra l’altra.
Quella di Paolo Bellini – per conto di chi? – descritta molto bene nel libro che Giovanni Vignali gli ha dedicato.
Quella dei carabinieri (e delle istituzioni) con Vito Ciancimino.
E quella di Marcello Dell’Utri, anche attraverso Mangano.
Almeno tre, quindi. E con finalità che sembrano diverse.
Solo per fermarsi alla più famosa delle trattative, il gioco che stiamo vedendo svelarsi tutti i giorni ha coinvolto nei suoi vari rivoli – penalmente, come persone informate sui fatti, come semplici testimoni – molti dei vertici delle istituzioni. Politici, ex ministri, alti funzionari dei ministeri, magistrati.
Giovanni Conso oggi ha novant’anni. E’ uno dei maggiori giuristi italiani. Ha fatto parte del CSM, è stato nominato giudice costituzionale da Sandro Pertini. E’ stato presidente della commissione ONU che ha approvato lo statuto della Corte Penale internazionale, quella che ha processato Milosevic, per intenderci.
Nella nostra piccola-grande storia di trattative è stato ministro della Giustizia nel 1993 e 1994, sotto Amato e Ciampi.
Oggi è indagato per false informazioni al pubblico ministero. In quegli anni ha revocato il carcere duro a circa 300 mafiosi. Dice di aver agito “in solitudine”.
In quegli stessi due governi il ministro dell’Interno era Nicola Mancino. Dopo quegli anni è stato presidente del Senato e vicepresidente del CSM.
Oggi, banalmente e come da copione, spesso non ricorda. Anche cose difficili da dimenticare. E’ indagato per falsa testimonianza.
La sua nomina, al posto del designato Scotti, suscitò allora qualche sorpresa.
Sempre nel governo Amato, il ministro della Giustizia che ha preceduto Conso era Claudio Martelli. Era stato lui a volere Giovanni Falcone al ministero. Oggi ha semplicemente ritrovato frammenti di memoria scomparsa. E con lui Luciano Violante, allora presidente dell’antimafia e poi presidente della Camera.
Chi viene indagato dimentica, chi c’era e resta illeso, ricorda. Non tanto, certo. Ma spesso, come nel caso di Martelli, ricorda cose difficili da dimenticare, avvenimenti impossibili da non collegare, fatti che, svelati anni fa, avrebbero probabilmente consentito di scoperchiare prima la pentola in cui oggi siamo immersi.
Mario Mori ha fatto parte dell’antiterrorismo con Dalla Chiesa, ha arrestato la Balzerani, Seghetti, Sordi, Zani, ha contribuito alla nascita dei ROS e alla stesura del dossier “mafia e appalti”. Dopo la nostra storia è stato direttore del SISDE. E’ stato processato e assolto per la mancata perquisizione del covo di Riina, dopo il suo arrest. Perquisizione che, comunque, non ci fu. L’assoluzione è arrivata su richiesta della procura stessa. Non c’era il reato di favoreggiamento a Cosa Nostra e della sorveglianza tolta al covo Mori non informò la procura di Palermo. Dove c’era Giancarlo Caselli, che al processo disse “Il Ros decise da solo”. Dice Ingroia: “la condotta di Mori e De Caprio è stata dettata da ragioni di Stato e non da altro”.
Ragion di Stato e non altro.
Abbiamo messo in fila solo alcuni esempi. Abbiamo appena visto un governo, il primo di Amato, in cui sono rimasti coinvolti il ministro dell’Interno e due ministri della Giustizia, uno dei quali con quel curriculum e che è restato al suo posto anche nel governo successivo, quello presieduto da Ciampi, quello in carica durante le bombe del ’93, in piena trattativa. E’ nel governo Ciampi, durante quelle bombe, che Conso firma la revoca dei 41bis “in solitudine”. Ciampi stesso è stato sentito dai magistrati (“nel 93 temetti un colpo di Stato”) e così Scalfaro.
A vario titolo, sarebbero probabilmente indagati anche il capo della polizia di allora, Vincenzo Parisi e il prefetto Arnaldo la Barbera, questore di Palermo proprio per trovare gli assassini di Falcone e Borsellino. Solo che entrambi sono morti. Parisi nel ì94 e La Barbera nel 2002. Su La Barbera e la sua squadra pesa l’ombra di aver inventato Vincenzo Scarantino come colpevole di via d’Amelio e di essere stato al soldo dei servizi, la fonte Catullo.
E’ di oggi la notizia che Vincenzo Scarantino è scomparso.
Un bel quadretto, certo. E con molti fatti accertati e verità in teoria indicibili che escono ogni giorno.
Ma questi signori – capi della polizia, carabinieri con una vita nelle istituzioni, presidenti del senato, della camera, del CSM, giuristi di fama internazionale, politici di lunghissimo corso, magistrati, presidenti del consiglio e della Repubblica – possono aver tutti quanti lavorato per favorire, indirettamente o indirettamente, in modo penalmente rilevante o politicamente sbagliato o in buona fede o in cattiva fede, Cosa Nostra?
Pare possibile?
Il 18 aprile di quest’anno il procuratore capo di Palermo Messineo dice che la trattativa è stata “la ragion di Stato di pochi
L’unica cosa su cui non mi trova d’accordo è l’aggettivo finale.
Quel “pochi” sembra indicare un minuscolo gruppo di persone che in qualche modo complotta contro lo Stato. Un manipolo di infedeli, una cosa simile ai servizi segreti deviati, a cui non credo e non crederò mai.
La trattativa, questa trattativa – non quella di Dell’Utri, non quella di Bellini – mi sembra la ragion di Stato di quegli anni.
La linea política con cui le istituzioni intimorite, deboli, fragili, impotenti, hanno sperato, creduto o voluto abbassare il livello di pericolo, far cessare le bombe, venire a patti per il terrore che tutto crollasse.Lo hanno fatto perché pensavano andasse fatto.
Immorale, eticamente discutibile, delinquenziale. Tutto quello che volete.
Ma soprattutto impossibile da dire.
Oggi sono vent’anni dalla morte di Paolo Borsellino, il simbolo di questa storia, uno degli eventi cardine che hanno creato il mondo in cui viviamo oggi.
Forse, proprio per il rispetto che si deve a quanto è accaduto in via d’Amelio e ai Georgofili, a via Palestro, a san Giovanni in Laterano e san Giorgio al Velabro, sarebbe ora di raccontare anche quello che non si può raccontare.
Provare con la verità, per una volta, per quanto indicibile.
E voltare pagina.
Non ci siamo mai riusciti. Mi sembra ora di cominciare.